martedì 1 luglio 2014

Alleniamoci con....LE EMOZIONI!

Ciao a tutti!
Scusate la mia assenza ma sono tornata con mille altre idee su cui poterci confrontare!
Oggi vorrei parlare di un concetto che avevo accennato nel post precedente ma che merita uno spazio decisamente più ampio.
I bambini devono fare palestra delle emozioni. Ma cosa significa fare palestra?
Significa proprio che BISOGNA ALLENARSI a far fronte alle emozioni!
Significa che il bambino quando viene al mondo deve imparare a prendere gli oggetti in mano, a gattonare e poi a camminare, imparerà a parlare e a fare altre mille cose tra le quali imparare a gestire le emozioni.
Deve imparare come gestire quella gioia che gli fa venir voglia di urlare e a gestire quel cuore che batte all'impazzata quando la mamma se ne va.
Insomma, i bambini hanno bisogno di noi per imparare a "cosa fare" quando è in corso un'emozione.
E' assolutamente sano e necessario, quindi, che i bambini abbiamo la possibilità di sperimentarsi in tutte le cromie di emozioni. Ansia, paura, gioia, rabbia, disgusto... proprio tutte! Care mamme, proteggere il bambino evitandogli delle situazioni negative è pertanto disfunzionale perchè non gli permette di imparare come fronteggiare quelle situazioni, ma soprattutto quelle EMOZIONI, che si presentano quotidianamente della vita di ogni essere umano.
Ma come si insegna a fronteggiare le emozioni? Diciamo che (come al solito) un manuale al riguardo non esiste. In effetti non c'è un vero e proprio metodo di insegnamento.
Ma è tutto più semplice del previsto: è sufficiente che si lasci al bambino lo spazio e le occasioni per sperimentare l'emozione, già questo sarebbe un ottimo punto di partenza!
Inoltre, ricordiamoci sempre che i bambini apprendono per imitazione, per cui è presumibile che il vostro modo di gestire le emozioni sarà appreso e agito dal piccolo.
Non è sempre, infatti, "questione di carattere", bensì è più spesso questione di famiglia e di ambiente.

Piccoli consigli utili sono quelli di evitare frasi giudicanti del tipo: "non DEVI piangere", "non ti arrabbiare", "è sbagliato reagire così". Piuttosto, proviamo a capire insieme a lui il PERCHE' ha reagito così, e aiutiamolo a migliorare le sue capacità a fronteggiare situazioni emotivamente critiche.
E' fondamentale far passare questo messaggio: "so quello che stai provando, è lecito e ti sono vicino" piuttosto che, ad esempio, "non devi essere triste perchè ci sono cose più gravi" o simili.
E' chiaro che con i bambini più grandi si possono tradurre verbalmente le sensazioni: "Ti viene da piangere?", "Sei triste?". O addirittura: "Perchè fai così?": otterrete delle risposte incredibili...provare per credere!

Con i più piccoli sono sufficienti consolazione ed empatia: vietato sorridere se il bambino piange. Non lo tirate su di morale, bensì lo fate sentire incompreso.
Il nostro compito con i bimbi più piccini è semplicemente rispecchiare l'emozione e gradualmente risolverla insieme a lui.
Questo è il motivo per cui, quando i bimbi generalmente cadono o si spaventano ed esplodono in lacrime, la frase: "Ma no, non è successo niente su!" ha spesso poca efficacia. I bambini non si sentono capiti e questo tipo di atteggiamento da parte dell'adulto non fa nient'altro che amplificare lo stato di disagio del piccolo. Provate a simulare un pianto insieme a lui, oppure a fare un'espressione sofferente e a lamentarvi del dolore, tipo: "Ahi, chissà che male (o spavento, o altro..) che ti sei fatto!". I bimbi verosimilmente dovrebbero calmarsi più velocemente!

Spero di esservi stata utile....ci sarebbero molte più cose da dire ma sono certa che ci saranno altri post che completeranno l'argomento sull'emotività, che ritengo essere una delle tappe più importanti nello sviluppo del bambino.

Un'ultima precisazione: gli accorgimenti valgono non solo per i genitori, ma anche per tate, nonni, parenti, vicini di casa...insomma, per tutti coloro che passano del tempo con le nostre piccole pesti.

A presto!

sabato 17 maggio 2014

Come salutiamo il nostro piccolino?

Con questo nuovo post vorrei completare il mio intervento precedente cercando di capire insieme quali sono concretamente gli atteggiamenti, le parole e i comportamenti più consigliabili per rendere il distacco mano mano sempre più fluido e sereno.
Innanzitutto la prima cosa da fare è: SALUTARE il piccolino.
Qualcuno potrà pensare: ma va? È invece non avviene sempre in maniera così scontata e naturale come si possa credere.
Perchè? 
Facciamo una breve premessa. Il motore che regola ogni comportamento materno è la protezione del proprio cucciolo. I genitori sono i salvagenti dei bambini, sono i loro parastinchi, paraorecchie, caschi, scudi, hanno mille braccia e mille occhi che garantiscono al piccolo la sopravvivenza, salvaguardandolo dai mille pericoli in cui si può imbattere.
Il genitore è evolutivamente programmato per garantire la protezione della specie.
I genitori si sentono quindi responsabili non solo della sopravvivenza (ok che eravamo scimmie, ma ora dovremmo esserci evolute!), ma anche del benessere del bambino in termini psico-fisici. È importante che un bambino non si faccia male alle ginocchia, così come è importante che non si faccia male al cuoricino. Vedere un figlio che piange perché tu te ne stai andando fa crollare tutti i tuoi tentativi di protezione. Come posso proteggerti se sono io la fonte della tua sofferenza? Forse è meglio che ti evito questo disagio! Allora magari esco di nascosto, così tu non stai male nel vedermi uscire. Esco mentre sei distratto dalla tata, preso e divertito da qualche gioco..perchè dovrei rovinarti questo momento di tranquillità facendoti crollare in un pianto disperato?
Le mamme cercano di fare sempre il meglio per i loro bambini.

Proviamo a rispondere a quelle domande che le mamme si pongono in quel frangente: lo saluto e lo faccio piangere o scappo e lo lascio tranquillo?
Uscire di casa senza che il bambino se ne sia accorto produce un effetto assolutamente disfunzionale. Provate a pensare come vi sentireste voi se, tutte le volte che vi distraete, la persona a cui tenete più al mondo scompare dalla vostra vista senza che vi abbia detto dove sia andata. Smarrimento, paura, rabbia, angoscia, tristezza, dubbio. Sono le prime sensazioni che mi vengono in mente.
Probabilmente sono solo alcune tra quelle che può provare un bimbo appena si accorge che la mamma (che credeva essere in cucina) si è improvvisamente volatilizzata. Nella mente del bambino si creano pensieri tra cui: la mamma non mi vuole bene, io non sono meritevole del suo affetto oppure la mamma mi vuole bene solo alcune volte. Si creano cioè situazioni incerte e poco prevedibili che spingono il bambino a rimanere sempre all'erta, con le orecchie alzate, a non cedere a distrazioni e/o momenti di relax perchè bisogna sempre controllare che la mamma stia lì
Tate attenzione: questi bambini sono generalmente difficili da coinvolgere e hanno tempi di concentrazione e attenzione piuttosto brevi.

Ok, abbiamo deciso che salutiamo il bambino. Ma come si fa se non smette di piangere? Come posso andare a lavoro tranquilla/o se l'ultima immagine che ho di lui è un viso in lacrime, terrorizzato e dolorante e un corpo irrequieto che si dimena?
E' davvero difficile!
Così può capitare che le separazioni durino ore e ore e ore....finchè i genitori se ne vanno per sfinimento. Solo dopo esser certi che il bambino non piange più allora lasciano la casa. Il bambino probabilmente avrà fatto un'infinità di richieste che saranno accontentate...ma almeno ha smesso di piangere!
E questo teatro può andare avanti giorni e giorni e giorni....e mesi e mesi e mesi.......finchè rischia di diventare una vera e propria ROUTINE. E cioè, molto semplicemente, il bambino impara che quando arriva la tata si deve fare così.

Ecco spuntare la parola d'ordine: ROUTINE. E cioè cicli prevedibili di momenti che si susseguono quotidianamente. La prevedibilità delle situazioni è indispensabile per un bambino che non conosce ancora il concetto dello scorrere del tempo. E' solo dopo che avrà capito che, ad esempio, dopo la pappa arriva la tata e che dopo la merenda torna la mamma, che riuscirà a tranquillizzarsi. Per un bambino concetti come stasera, oggi, domani, ieri, ecc... sono assolutamente incomprensibili. Per cui sia alle tate che ai genitori suggerisco di far riferimento sempre a momenti concreti. Mamme e papà vi consiglio inoltre, se possibile, di cercare di mantenere costante il momento del rientro.

Vorrei infine tranquillizzare le mamme dicendo che ai bambini serve fare palestra di emozioni. Serve per imparare a conoscere le emozioni e a gestirle, riuscendo col tempo ad autoregolarsi in maniera del tutto autonoma. Cercare di tamponare il pianto e la sofferenza che si creano nel momento della separazione non aiuta il bimbo a entrare in contatto con le emozioni implicate. Non riuscirà a capire quali reazioni fisiologiche avrà il suo corpo e non saprà quindi riconoscerle e fronteggiarle in futuro, quando il distacco con i genitori dovrà avvenire in maniera più repentina e sicura (come, ad esempio, l'ingresso alla scuola elementare). 

Questo significa che bisogna cercare di trovare la famosa via di mezzo che è spesso la soluzione migliore. Dunque i bambini si salutano e si confortano. Si danno spiegazioni comprensibili per loro usando il loro linguaggio e metafore opportune. Abbracciateli e baciateli. Ma poi è il momento di andarsene. Fidatevi delle tate che scegliete! Anche l'atteggiamento che avete nei confronti delle tate è fortemente percepito dai bambini: se voi vi fidate delle tate anche i bimbi lo faranno e si sentiranno sicuri tra le loro braccia. 
A conferma di quanto ho scritto vorrei dire che frequentemente i bambini smettono di strillare e di disperarsi dopo pochi minuti che i genitori chiudono la porta dietro di loro. 
Cari genitori vedrete che, usando questi accorgimenti smetteranno presto di farlo anche in vostra presenza. 

Abbiate fiducia dei vostri figli, delle vostre tate ma soprattutto di voi stessi.

venerdì 9 maggio 2014

AIUTO!!! Il mio bimbo non vuole stare con la tata!

Care mamme, papà e tate, il momento della separazione dai genitori può diventare un vero e proprio incubo.
Ed è in questo fatidico istante che si aprono gli scenari più svariati. Bambini che urlano a squarciagola, che si dimenano, che piangono inconsolabili, che si buttano per terra e chi più ne ha più ne metta...
Mamme che si struggono alla vista del loro piccolo sofferente...che vengono assalite da sensi di colpa e da un grande senso di inadeguatezza.
Papà che iniziano a diffidare di questa tata che sicuramente non sa coinvolgere il bambino (sempre se non lo maltratta!), certi che bisogna assolutamente trovare qualcun altro...(anche perchè sorge un altro dubbio: ma non è che la tata ruba nei cassetti?!?)!
Tate che guardano il bambino, la mamma e il papà e vorrebbero uscire dalla serratura di casa, se solo ci passassero! Che non vorrebbero entrare in questo triangolo di disagio ma che, inevitabilmente, ne entrano a fare parte di diritto, di dovere e pure senza passare dal via! Ogni mestiere ha i suoi rischi, e il nostro è quello di sopportare, ma soprattutto supportare non solo il bambino, ma addirittura l'intero nucleo familiare.

Ma prima di capire come affrontare questo momento delicato proviamo ad analizzare perché i bambini non vogliono stare con le tate.
È chiaro che non ci sono risposte standard e generalizzabili per tutti i bambini, anche perché bisogna considerare che le risposte potrebbero differenziarsi rispetto alle età, ma non solo. Ricordiamoci che ogni bambino ha le sue esigenze, le sue risorse, le sue competenze verbali, comportamentali ed emotive per far fronte a momenti di grande stress, come può essere la separazione col genitore.
Ritengo però che si possa partire da una considerazione di base per poi fare, individualmente, attribuzioni più coerenti rispetto ai nostri bambini.
È essenziale sottolineare che ogni comportamento del bambino è sempre finalizzato a qualcosa. E questo scopo è perseguito in maniera più o meno cosciente da parte del fanciullo. Il fatidico capriccio, ad esempio, è un comportamento messo in atto al fine di ottenere qualcosa che, in genere, viene chiesto esplicitamente. La relazione di causa è estremamente intuitiva e il comportamento è messo in atto in modo assolutamente cosciente e volontario da parte del bambino.
Capire qual è lo scopo di comportamenti più sottili, in cui l'obiettivo del bambino non risulta così palese (di cui spesso non ne è cosciente neanche il bimbo) diventa un'operazione più difficile, che richiede tempo, concentrazione ed osservazione.
La domanda da porsi è quindi: perchè fa così? Cosa vuole ottenere? Di cosa ha bisogno per non mettere in atto questi comportamenti?
E' solo dopo che riusciremo a rispondere a queste domande che sapremo perfettamente come sarà efficace comportarci.

Nei bimbi più grandi è importante dialogare ed indagare le emozioni e i pensieri che si mettono in moto nel momento della separazione. Si possono usare disegni, giochi o semplicemente parlare per riuscire a capirsi (e a conoscerci) tutti e tre: bambino, mamma e papà.
Nei più piccini il lavoro è basato sull'osservazione dei suoi comportamenti e di quelli dei genitori. Mamme e papà, oltre a guardare cosa fa vostro figlio, è importante che riusciate a osservare cosa state facendo voi prima, durante e dopo che vostro figlio mette in atto quel famoso comportamento che non riuscite a gestire.
Le tate hanno il compito di accogliere il disagio del bambino senza reprimerlo. Distrarre un bambino con un gioco è fondamentale ma è utile che il bambino riesca a distrarsi solo dopo che l'emozione che lo pervade si sia naturalmente placata.

E a voi com'è andata?
Raccontatemi la vostra esperienza!
Per qualsiasi domanda non esitate a contattarmi.